“El tipo puede cambiar de todo. De cara, de casa, de familia, de novia, de religión, de Dios. Pero hay una cosa que no puede cambiar, Benjamín. No puede cambiar de pasión.” (Pablo Sandoval, alias Guillermo Francella, in El Secreto de sus Ojos, regia di Juan Josè Campanella, 2009)
Andrea Cerquiglini è nato a Roma, nel 1961. Si trasferisce a Milano nel 1989 e, da alcuni anni, fuori città, a Varedo, dove attualmente vive e lavora. Probabilmente geneticamente attratto dall’Estremo Oriente, tra il 2008 e il 2014 ha soggiornato per lunghi periodi a Seoul. Eclettico per indole, parallelamente alla professione di architetto da sempre coltiva con metodica discontinuità l’espressione artistica, “esigenza irrinunciabile” come è solito dire.
Perché penne e quaderni?
Complici i molti spostamenti, mi sono ritrovato a usare, per esprimermi, quaderni a righe e penne a gel di colore nero, anni addietro anche altri, poi sempre meno. Apro i quaderni, e mi concentro sulla sola doppia pagina centrale. Il risultato, il quadroquaderno, mi piace poi sospenderlo a mezz’aria, dentro una scatola/cornice, trasparente ma non invisibile.
Disegni, o scrivi?
Se c’è qualcosa che non mi torna, tendo a rimuginarci sopra, in modo circolare, ripetitivo. I problemi, sì, li metto per iscritto. Bizzarro? Possibile, ma nulla rappresenta meglio il mio pensiero di “visto da vicino nessuno è normale”, come cantava Caetano Veloso nella sua “Vaca profana”. Problemi, inquietudini, questioni irrisolte, ma anche tutto ciò che mi passa per la mente, lo butto giù, come una litania, un mantra, una sorta di dripping di parole, lasciate colare sulla carta. Detto questo, a me lo scritto poi interessa unicamente per la sua forza grafica ed estetica, e non è lì per essere letto, quanto meno nelle mie intenzioni. Anzi, vedere qualcuno che cerca di leggere, quasi frugando tra le righe, m’imbarazza un bel po’, se devo essere sincero.
E i Giardini segreti, gli Eremi, i Custodi?
L’architettura non poteva rimanere fuori dai miei pensieri, ha preso forma durante una passeggiata nei dintorni di Trevi, in Umbria, paese di origine di Diana, mia madre, ed in parte anche di Mario, mio silenzioso padre. Nella campagna i casolari sono volumi di pietra, scolpiti tra gli ulivi.
Forse, nel mio DNA c’è qualcosa di un remoto monaco amanuense, e non solo per lo scrivere, bensì anche per il mondo che rappresento.